Le calorie immesse con l’alimentazione vengono convertite nell’energia chimica che ci permette di sopravvivere e svolgere tutte le nostre funzioni vitali. Sappiamo, inoltre, che le proteine e i grassi degli alimenti contengono rispettivamente aminoacidi e acidi grassi essenziali per la nostra vita e di cui la nostra dieta non può esserne priva.
Sappiamo, inoltre, che per regolare l’efficienza del nostro metabolismo è indispensabile regolare un equilibrio fra carboidrati, proteine e grassi, poichè da questo equilibrio si genera un altro equilibrio, quello ormonale che è la base di tutti le nostre funzioni.
Da ciò si può intuire quale malnutrizione può causare una tendenza alimentare che disprezzi l’apporto giusto del fabbisogno proteico e, ancor peggio, (l’errore vistoso delle diete ipocaloriche low-fat insegna) che elimini del tutto o quasi i grassi dalla normale dieta.
Uno studio pubblicato nel 2012 su JAMA dai ricercatori Cara Ebbelling e David Ludwig del Children’s Hospital di Boston, ci dice che le diete a basso indice glicemico o con un basso tenore di carboidrati, che non inducono una iperglicemia postprandiale, si devono preferire a diete povere di grassi (ipocaloriche low-fat) per coloro che volessero mantenere il peso per lungo tempo. La ricerca dimostra che non è vero che una caloria è sempre una caloria, qualsiasi sia l’alimento utilizzato. I cibi proteici infatti, insieme a quelli ricchi in fibre, quindi frutta, legumi o alcuni cereali come l’avena sono in grado di aumentare l’azione della leptina, ormone che aiuta a limitare la fame e ad aumentare il metabolismo basale.
Far riferimento alle calorie è un dogma della dietetica tradizionale.
L’organismo converte le calorie del cibo (da carboidrati, grassi e proteine) in energia chimica (ATP) nei mitocondri di ogni cellula. I mitocondri sono organuli delle cellule all’interno delle quali le calorie che assumiamo si combinano con l’ossigeno producendo l’energia necessaria per far funzionare l’organismo.
Dalla dietologia tradizionale risulta che:
- i carboidrati forniscono 4 Kcal per grammo
- le proteine forniscono 4 Kcal per grammo
- i grassi forniscono 9 Kcal per grammo
Le calorie assunte in eccesso, rispetto al fabbisogno, si trasformano in grasso:
questa non è che una mezza verità, che tuttavia diventa una falsità quando si comincia a valutare che le calorie rese pubbliche per un dato alimento non sono altro che un dato teorico, poiché le tabelle nutrizionali non tengono conto di svariati fattori. Vediamo alcuni esempi significativi.
Il calcolo calorico? altamente opinabile
- Infatti, dire che un filetto di orata di 100 gr fornisce 120 kcal se l’orata è fresca oppure 150 kcal se è di allevamento va bene; già questa differenza mette in moto il meccanismo di pensiero che lo stesso alimento può dare variabili nutrizionali non poco trascurabili, ma ciò nemmeno basta: infatti finanche la stagione del pescato può far variare il contenuto calorico del pesce. E parliamo solo del pesce!
- Per non parlare della carne preparata dalle salsicce alle carni trasformate (prosciutto, salami, etc) in cui salumiere e lavorazione industriale possono creare notevoli differenze nella fornitura calorica dello stesso alimento e trattamenti chimici (uso di antibiotici, ormoni) possono modificare ulteriormente l’assorbimento dei nutrienti.
- Inoltre non si tiene conto dell’accostamento dei vari alimenti che possono modificare l’entrata dei nutrienti in circolo: uguagliare l’assoluto contributo di 135 kcal da 40 gr di riso in bianco non è lo stesso di 135 kcal di riso insieme a 1 finocchio (che fornisce magari un eccedenza di 40 kcal con il calcolo calorico), ma che nella realtà, causa, invece, una riduzione della quota di calorie assimilate proprio per la ricchezza in fibre del finocchio che riduce l’assorbimento dei glucidi del riso, e quindi delle calorie sottoforma di glucosio puro.
- Così pure dire che 200 gr di fagioli cotti possano apportare gli stessi glucidi di 40 gr di riso (32 gr di carboidrati disponibili) e sono ipercalorici (189Kcal) rispetto a 40 gr di riso (133Kcal) è un errore grossolano, poiché se si analizza l’impatto che i carboidrati dei fagioli hanno sulla glicemia, e quindi sull’insulina, si noterà che sarà di gran lunga minore: questo a causa del contenuto proteico e dell’alto contenuto di fibre dei fagioli che rallentano, tanto da dimezzare quasi, l’ingresso degli zuccheri nel sangue. Di conseguenza, anche l’ingresso delle calorie disponibili per la nostra energia saranno minori coi fagioli che con il riso: per le quantità in esame, le calorie disponibili sotto forma di glucosio puro saranno, rispettivamente, 76 kcal per i fagioli, e 125 kcal per il riso, quasi la metà!
- Inoltre, per uno stesso contenuto di carboidrati disponibili, le lenticchie mostreranno quindi “nel piatto” lo stesso contributo calorico (120Kcal) delle patate fritte: 100 gr di patate fritte daranno (sulla carta) lo stesso contributo calorico di 180 gr di lenticchie cotte (30 gr di carboidrati disponibili); ma nell’intestino, la realtà sarà totalmente diversa: infatti le calorie disponibili assorbite nel sangue sotto forma di glucosio puro saranno, rispettivamente, 112 Kcal per le patate fritte e appena 64Kcal per le lenticchie! Ben 2 volte di meno! Quindi un bel pò diverso dall’impatto calorico dichiarato nelle tabelle nutrizionali.
- Ma il fatto più sorprendente per la dietologia classica è rappresentato dal ribaltamento del giudizio delle calorie fornite dai grassi. Per lunghissimo tempo (anche secoli) i grassi sono stati (e lo sono ahimè tuttora) lo spauracchio dei nutrizionisti: i lipidi sono ipercalorici (9 Kcal per grammo) e trattenendo il loro introito si riduce di tanto il contributo calorico del pasto. E qui si commettono due gravi errori: uno è quello di trascurare il benefico effetto che hanno i lipidi sull’abbassamento dell’indice glicemico dei cibi; seconda cosa, i grassi non sono tutti uguali:
- I grassi saturi (burro, latticini, lardo, pecora, maiale, olio di palma), come anche gli acidi grassi idrogenati (margarina), hanno una maggiore tendenza ad essere accumulati invece che essere utilizzati subito.
- Gli acidi grassi monoinsaturi (olio di oliva, grasso d’oca e di anatra, olio di avocado, un pò meno l’olio di palma) sono di preferenza utilizzati e sono molto importanti per il controllo glicemico del pasto, in quanto lo abbassano e riducono così anche la risposta insulinica.
- Alcuni grassi, come gli acidi grassi omega-3, (grasso del pesce, olio di lino) non sono stoccati, ma vengono utilizzati dal nostro organismo per la sintesi di eicosanoidi, per la regolazione di geni coinvolti nella sintesi di lipidi, e per la termogenesi.
- Esistono delle importanti eccezioni che fanno capire che non si può assolutamente parlare di calorie disponibili nel piatto come calorie disponibili per l’organismo: i formaggi fermentati ricchi di calcio (come l’emmenthal) sono coinvolti in un meccanismo curioso: tra il calcio e gli acidi grassi dell’ emmenthal ad esempio, si formano nel lume intestinale dei veri e propri “saponi” (acidi grassi + calcio) che non saranno assorbibili, e poi saranno eliminati con le feci! (Vedi studi del prof.Renaud degli anni ’90 del secolo scorso). Ciò a testimonianza dell’errore delle tabelle nutrizionali secondo cui taluni alimenti andrebbero quasi banditi, magari per il rischio cardiovascolare che apporterebbero, ma nella realtà gli stessi grassi, condizionati dall’ambiente chimico (fermentazione, pH, calcio) verranno meno assorbiti e quindi rappresentano, a dispetto di quanto comunemente e da tempo si crede, un rischio cardiovascolare inferiore.
- In aggiunta, lo stesso contributo calorico di un pasto se frazionato in molti più pasti induce un dispendio calorico più elevato: maggiore è il frazionamento, maggiore è il dispendio calorico, soprattutto se il pasto include una porzione proteica. Mangiare 5 o più volte al giorno induce il corpo a consumare energia ogni volta per digerire e assorbire i nutrienti contenuti in ogni pasto; da ciò si capisce che lo stesso contributo calorico di 5 pasti non è lo stesso di consumarlo tutto in una volta o due: prima di tutto si creerebbe un’impennata di glicemia e di insulina, (con le conseguenze che ne derivano se lo si fa tutti i giorni); in secondo luogo, se i processi di digestione e assorbimento del cibo necessitano di energia spesa dall’organismo per avvenire, l’aumento della frequenza del consumo del cibo determinerà un aumento del metabolismo di base. A differenza di ciò che succede quando si mangia una o due volte al giorno in cui l’abbondanza calorica dell’unico pasto, dopo un periodo di digiuno prolungato (perchè è ciò che si fa se si saltano diversi pasti al giorno), viene convertita facilmente in deposito energetico sottoforma di grassi. Quindi mangiare 1000Kcal in un pasto non è lo stesso che suddividerle in 3 o più pasti da 300Kcal, 200Kcal, 200KCal e 300 Kcal: anzi, le stesse calorie, con gli stessi alimenti, nel primo caso possono innescare il processo di ingrassamento; nel secondo caso potrebbero, di contro, innescare il dimagrimento!
Questi pochi esempi ci fanno riflettere sul fatto che contare semplicemente le calorie è una pratica a dir poco irragionevole: eppure tutt’oggi molto seguita.
La direzione giusta è quella che deve puntare a una equilibrata suddivisione dei macronutrienti, quindi carboidrati, proteine e grassi, pensando all’approccio migliore secondo gli studi scientifici effettuati, per avere un controllo ormonale stabile e a lunga durata, senza dare primaria importanza alle calorie.
Si può cambiare punto di vista e considerare che le calorie non rappresentano il miglior modo per utilizzare il cibo. E’ invece di primaria importanza la risposta ormonale al cibo: considerando che, ogni qualvolta mangiamo scateniamo risposte ormonali in cui sono coinvolti ormoni come insulina, glucagone e eicosanoidi, da questo, giusto e scientificamente provato, punto di vista (a differenza del calcolo calorico che non ha fondamento scientifico), si può creare un nuovo obiettivo che è quello di ottenere una equilibrata risposta ormonale attraverso il bilanciamento di carboidrati, proteine e grassi, da raggiungere ogni volta che si mangia.
In realtà ci siamo arrivati, con tanto di supporto di pubblicazioni scientifiche al riguardo, ma sembra che i governi occidentali, e anche e soprattutto il governo italiano, non vogliano accorgersene del cambiamento…
Bibliografia
- Effects of Dietary Composition on Energy Expenditure During Weight-Loss Maintenance FREE. Cara B. Ebbeling, PhD; Janis F. Swain, MS, RD; Henry A. Feldman, PhD; William W. Wong, PhD; David L. Hachey, PhD; Erica Garcia-Lago, BA; David S. Ludwig, MD, PhD
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