Negli anni ’80 del secolo scorso David Jeckins e Tom Wolever dell’Università di Toronto, sulla base dei lavori realizzati dal 1976 da Phyllis Crapo, svilupparono il concetto di indice glicemico. Era il 1981. Quell’anno può considerarsi una data storica: per la prima volta nella storia della nutrizione mondiale, si aveva così un metro per stimare la qualità dei carboidrati introdotti nella dieta.
Jeckins e Wolever esaminarono gruppi di 5-10 persone ai quali somministrarono, a stomaco vuoto, 62 alimenti comuni, ciascuno contenente 50 gr di carboidrati disponibili. Poi confrontarono le curve glicemiche ottenute dopo 2 ore con quella ottenuta dopo l’assunzione di 50 gr di glucosio. Nasce così l’indice glicemico, una valutazione relativa e standardizzata del metabolismo degli zuccheri.
Risultati
- Le patate inducevano la curva più alta vicino a quella indotta dal glucosio;
- seguivano i cereali per la prima colazione;
- i cereali integrali;
- e i biscotti.
Ma la novità che smuove decenni di convinzioni è che le curve della frutta si mostravano circa la metà di quelle del glucosio, seguite da latte e latticini, e legumi (circa un terzo).
Così Jenkins accertò che i vari cibi hanno una loro specifica capacità di innalzare la glicemia, quindi in pratica uno specifico potere iperglicemizzante, ovvero la loro capacità di liberare una certa quantità di glucosio e chiamò questa capacità: INDICE GLICEMICO.
La misura dell’IG rimarrà da allora uno strumento scientifico per studiare il metabolismo dei carboidrati e sarà una svolta e un progresso notevole nella storia della nutrizione.
Dunque, un cibo a basso IG (legumi, frutta, marmellata, latte, latticini, fruttosio) avrà un impatto molto inferiore sulla glicemia del sangue, in quanto i carboidrati in esso contenuti verranno assorbiti in maniera graduale e prolungata.
Al contrario un cibo ad alto IG (pane, patate, riso, pizza, zucchero da tavola) avrà un forte impatto sulla glicemia una volta assorbito, e verrà metabolizzato velocemente.
Quindi, sorpresa!
Ancora una volta si dimostrò che la nozione carboidrati complessi e carboidrati semplici ancora una volta era assolutamente errata:
Jenkins e al. infatti dimostrarono che il fruttosio (zucchero semplice contenuto nella frutta) entrava in circolo,
sotto forma di glucosio, molto lentamente; al contrario alcuni carboidrati complessi, come quelli delle patate, venivano metabolizzati più rapidamente del comune zucchero da tavola!
Poi prese in considerazione la superficie del triangolo d’iperglicemia determinata da tutte le curve della glicemia indotta dall’alimento testato e assunto da solo a digiuno.
Egli assegnò al glucosio l’indice 100. Il valore degli indici glicemici degli alimenti misurati per la stessa quantità di glucide puro fu determinato dalla formula seguente:
Superficie del triangolo di glucide testato / Superficie del triangolo di glucosio X 100
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Ne ricavò questi risultati:
Glucosio | 100 |
Latte | 30 |
Lenticchie | 30 |
Marmellata | 30 |
Mela | 40 |
Zucchero da tavola | 70 |
Patate al forno | 95 |
Pane bianco | 75 |
Cornflakes | 90 |
Riso | 65 |
Come si vede, quindi, il latte, le lenticchie e la marmellata hanno indice glicemico basso relativamente al glucosio.
Le patate e i cornflakes, di contro, hanno indice glicemico più alto di quello dello zucchero da tavola!
Nasce quindi un nuovo approccio scientifico per considerare i carboidrati:
essi dunque sono scelti secondo un criterio sperimentale, vero, non teorico, e per la prima volta nella storia della nutrizione si può definire la qualità dei carboidrati contenuti in un alimento qualsiasi, proprio facendo riferimento alla scala degli indici glicemici.
Quindi, l’indice glicemico definisce l’effetto sull’andamento della glicemia di un cibo contenente una certa quantità di carboidrati.
Sfatato il mito?
Si nota dunque che già dall’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, in cui si stava studiando il miglior approccio nutrizionale per il diabete, era chiaro che demonizzare gli zuccheri semplici come il fruttosio e scegliere amidi e carboidrati complessi come fonti privilegiate fosse ormai una moda obsoleta.
Ormai cadeva rovinosamente la convinzione teorica degli zuccheri rapidi e zuccheri lenti, ma venivano fuori altre verità scomode, come ad esempio i cereali per la prima colazione, che tanto venivano consigliati ai bambini, adolescenti e adulti.
Ma il paradosso è che ancora oggi sono venduti come soluzioni per la prima colazione e, curiosamente, mi viene da pensare che impatto abbiano i colossi industriali sulle associazioni dietetiche e, di conseguenza, sulla massa…
Bibliografia
- Glycemic index of foods: a physiological basis for carbohydrate exchange. Jenkins DJ, Wolever TM, Taylor RH, Barker H, Fielden H, Baldwin JM, Bowling AC, Newman HC, Jenkins AL, Goff DV.Am J Clin Nutr. 1981 Mar;34(3):362-6.
-
Plasma glucose and insulin responses to orally administered simple and complex carbohydrates. Crapo PA, Reaven G, Olefsky J.Diabetes. 1976 Sep;25(9):741-7.
-
Postprandial plasma-glucose and -insulin responses to different complex carbohydrates. Crapo PA, Reaven G, Olefsky J. Diabetes. 1977 Dec;26(12):1178-83. PMID:590639
-
Relationship between rate of digestion of foods and post-prandial glycaemia. Jenkins DJ, Ghafari H, Wolever TM, Taylor RH, Jenkins AL, Barker HM, Fielden H, Bowling AC. Diabetologia. 1982 Jun;22(6):450-5. PMID:6286395
-
Application of glycaemic index to mixed meals. Wolever TM, Jenkins DJ. Lancet. 1985 Oct 26;2(8461):944. PMID: 2865437