Per lungo tempo, fin dall’antichità, si è supposto che il cibo avesse influenza sulla nostra salute: già il saggio Ippocrate esortava tutti con il suo motto: “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”: curiosamente, per capire a fondo la saggezza di un uomo vissuto 2500 anni fa occorre sapere i recenti progressi della biologia molecolare (fattori di trascrizione genica, epigenetica) che possono, con approccio scientifico, indurre a consigliare vivamente tradizioni alimentari del passato, anche molto remoto, (utopisticamente quando l’uomo era ancora cacciatore-raccoglitore) nel ventunesimo secolo, per migliorare di parecchio l’aspettativa di vita: la dieta che seguiamo tutti i giorni ha infatti il potere di controllare l’espressione dei nostri geni e della nostra progenie, finanche nel nascituro a partire dal grembo.
Ebbene, arrivati ai tempi attuali, è indispensabile sottolineare dei concetti basilari: il nostro genoma non si è modificato in maniera significativa (in particolare si è modificato meno dello 0,02%) negli ultimi 40000 anni. Tuttavia, la stessa nascita dell’agricoltura cerealicola, già a partire da 10000 anni fa; l’artificiosità sempre progressiva degli alimenti conseguente all’industrializzazione degli stessi; il surriscaldamento degli oceani che fa produrre meno omega-3 ai pesci che li utilizzano come isolanti termici; gli allevamenti intensivi di animali che hanno squilibrato i grassi delle carni (rapporto omega-6/omega-3); l’invenzione del mulino a cilindri nel 1870, che ha impoverito le farine sul piano nutrizionale, sono solo alcune, ma tra le più importanti, delle cause che creano, nei decenni delle nostre vite, dei blocchi metabolici vistosi, che, cosa alquanto inquietante, possono anche essere trasmessi geneticamente alle generazioni successive. Ma anche se portiamo questo pesante fardello nei nostri geni, esiste una via di salvezza; e paradossalmente, se con l’alimentazione abbiamo creato “danni” ai nostri geni, possiamo proprio con l’alimentazione cambiarne l’espressione.
Ma dobbiamo pur ammettere che è più semplice cambiare la nostra religione che cambiare la nostra dieta…
La realtà attuale del nostro bel Paese è questa:
- 42% dei bambini (maschi) sovrappeso e il 21% obeso tra i bambini europei;[1]
- 54% della popolazione adulta italiana è sovrappeso e il 20% è obeso;[2]
- 46% dei bambini italiani(0-9 anni) è sovrappeso; il 22% di loro è obeso;[2]
- secondo il rapporto “Diabete in Italia – Anni 2000-2016” pubblicato dall’Istat, gli italiani affetti da questa malattia sono 3.200.000, quasi il doppio rispetto a 30 anni fa: il 5,3% (ma il 16,5% se si prendono in considerazione solo le persone dai 65 anni in su) rispetto al 2,9% del 1980;[3]
- 1.302.000 casi di diabete non diagnosticati;
- 600.000 casi di Alzheimer pari al 4% della popolazione over 65;[4]
Chi o cosa c’entra nella causa di tutto questo quadro ?
C’entra l’invenzione del mulino a cilindri del 1870.
C’entra l’industrializzazione della pasta.
C’entra l’invenzione beffarda di una dieta mediterranea a base di pasta.
C’entra l’industrializzazione sempre crescente del cibo.
C’entra l’utilizzo di calorie a basso costo nei cibi inscatolati (oli di semi) che fino al secondo dopoguerra erano praticamente sconosciuti al nostro organismo.
C’entra una cattiva distribuzione di macronutrienti consigliata dalle autorità governative, che tende a privilegiare carboidrati ad alto IG (pasta, pane, riso e patate) e un apporto ridotto di proteine.
C’entra finanche l’abbondanza di cibo del boom economico anni ’60 del secolo scorso, dopo la restrizione calorica della popolazione nel periodo della seconda guerra mondiale e nel dopo guerra, che ha dato un impulso notevole alla impennità di obesità degli ultimi decenni (400%).
Bisogna prendere consapevolezza dei problemi metabolici che arrivano a pesare sulle spalle della spesa pubblica e invertire la rotta.
Stiamo parlando comunque di cambiare le abitudini alla popolazione, a generazioni vecchie, nuove e future, smettere di far piacere qualcosa che piace a tutti da piccoli ad adulti. Ma si tratta, come detto, di abitudini, quindi non è così grave come coinvolgere un mondo intero, civile e militare, in una guerra!
Il fatto è che fin quando le Associazioni Dietetiche americane si lasceranno sponsorizzare da colossi come Kellogg’s e Coca-Cola oltreoceano e , qui, in Italia, si faranno patrocinare le pochissime iniziative di educazione alimentare dai nostri colossi di produzione della pasta, non cambierà nulla, e quindi tutti continueranno a comprare per i figli a colazione i cereali per il latte, e continueranno a seguire le linee guida delle rubriche alimentari e dei Tg che sconsigliano la frutta al momento del pasto, reclamano le virtù benefiche per il cuore degli oli di semi, e che gridano le bontà nutrizionali della pasta italiana da mangiare tutti i giorni, altrimenti finisce che ti viene il diabete più tardi del solito se la mangi un giorno si e uno no!
Bando adesso alle ciance, messo in discussione tutto o quasi, perché l’unico piccolo punto di accordo del DIABETES JOSLIN RESEARCH CENTER dell’Harvard Medical School, che studia il miglior approccio alimentare per i diabetici, con la nostra dieta mediterranea resta quel 30% di contributo calorico proveniente dai grassi, privilegiando quelli monoinsaturi (e noi almeno in questo ci salviamo un pò perché in nessuna casa italiana manca l’olio extra vergine di oliva), resta da fare un bel lavoro. Solo che, come per il resto delle informazioni parenti della verità, non lo possiamo sapere attraverso il telegiornale, o leggendo su internet, che tanto piace a tutti per sentirci esperti di ogni settore.
Ma una svolta del genere può avvenire solo per una presa di coscienza di un governante, o meglio ancora, di un gruppo di essi, che si rende conto che è ormai è ridicolo consigliare come soluzione anche preventiva per obesità e diabete una “falsa dieta mediterranea“.
E non è meno ridicolo continuare a dire, tra pediatri della SIP (Società Italiana Pediatria), che in Italia abbiamo bambini troppo grassi perché mangiano troppe proteine, come carne e parmigiano!
Piuttosto si pensi all‘esempio del Giappone che multa le aziende che hanno dipendenti con sindrome metabolica!
Biblografia
- http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0006/372426/wh14-cosi-factsheets-eng.pdf?ua=1
- http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0018/243306/Italy-WHO-Country-Profile.pdf
- http://www.istat.it/it/archivio/202600
- http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121049
-
Unmet needs in children with diabetes: the role of basal insulin. Tumini S, Carinci S. Minerva Pediatr. 2017 Dec;69(6):513-530
-
Lifestyle changes in the management of adulthood and childhood obesity. Orio F, Tafuri D, Ascione A, Marciano F, Savastano S, Colarieti G, Orio M, Colao A, Palomba S, Muscogiuri G. Minerva Endocrinol. 2014 Dec 17
-
Global, regional, and national prevalence of overweight and obesity in children and adults during 1980-2013: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2013. Ng M, Fleming T, Robinson M, Thomson B, Graetz N, Margono C, Mullany EC, Biryukov S, Abbafati C, Abera SF, Abraham JP, Abu-Rmeileh NM, Achoki T, AlBuhairan FS, Alemu ZA, Alfonso R, Ali MK, Ali R, Guzman NA, Ammar W, Anwari P, Banerjee A, Barquera S, Basu S, Bennett DA, Bhutta Z, Blore J, Cabral N, Nonato IC, Chang JC, Chowdhury R, Courville KJ, Criqui MH, Cundiff DK, Dabhadkar KC, Dandona L, Davis A, Dayama A, Dharmaratne SD, Ding EL, Durrani AM, Esteghamati A, Farzadfar F, Fay DF, Feigin VL, Flaxman A, Forouzanfar MH, Goto A, Green MA, Gupta R, Hafezi-Nejad N, Hankey GJ, Harewood HC, Havmoeller R, Hay S, Hernandez L, Husseini A, Idrisov BT, Ikeda N, Islami F, Jahangir E, Jassal SK, Jee SH, Jeffreys M, Jonas JB, Kabagambe EK, Khalifa SE, Kengne AP, Khader YS, Khang YH, Kim D, Kimokoti RW, Kinge JM, Kokubo Y, Kosen S, Kwan G, Lai T, Leinsalu M, Li Y, Liang X, Liu S, Logroscino G, Lotufo PA, Lu Y, Ma J, Mainoo NK, Mensah GA, Merriman TR, Mokdad AH, Moschandreas J, Naghavi M, Naheed A, Nand D, Narayan KM, Nelson EL, Neuhouser ML, Nisar MI, Ohkubo T, Oti SO, Pedroza A, Prabhakaran D, Roy N, Sampson U, Seo H, Sepanlou SG, Shibuya K, Shiri R, Shiue I, Singh GM, Singh JA, Skirbekk V, Stapelberg NJ, Sturua L, Sykes BL, Tobias M, Tran BX, Trasande L, Toyoshima H, van de Vijver S, Vasankari TJ, Veerman JL, Velasquez-Melendez G, Vlassov VV, Vollset SE, Vos T, Wang C, Wang X, Weiderpass E, Werdecker A, Wright JL, Yang YC, Yatsuya H, Yoon J, Yoon SJ, Zhao Y, Zhou M, Zhu S, Lopez AD, Murray CJ, Gakidou E. Lancet. 2014 Aug 30;384(9945):766-81. doi: 10.1016/S0140-6736(14)60460-8. Epub 2014 May 29. Erratum in: Lancet. 2014 Aug 30;384(9945):746.
-
[Obesity and diabetes, a global problem: what does recent data tell us?] Giampaoli S, Vannucchi S. Ig Sanita Pubbl. 2016 Nov-Dec;72(6):561-570. Italian.