Siamo ormai nel ventunesimo secolo. I progressi finora perseguiti sono notevoli.
In ogni campo.
Basti pensare al settore automobilistico: se entriamo in un’auto appena immessa in commercio sembra entrare in una carlinga di un aereo, con tanto di sensori e radar a prova di incidente. Oppure all’elettromedicale casalingo, con sfigmomanometri che possono essere interfacciati con un telefonino; alla biomedica che sforna protesi che sostituiscono arti interi in atleti; fino alla tecnologia alimentare con selezionatrici ottiche che scelgono i chicchi di frumento buoni e scartano i cattivi. Ormai siamo così inondati di tecnologia che ci sentiamo anche un po’ frustrati, perché siamo tutti più o meno incapaci a usarla se non ci aggiorniamo costantemente.
Ma a proposito di grano: invece per l’alimentazione cosa è cambiato negli ultimi 100 anni? Si possono definire progressi quelli raggiunti nel settorealimentare? E si può definire salutare un’industrializzazione sempre crescente del cibo?
La domanda sembrerebbe provocatoria. Ma sempre pertinente, visto che il tema alimentazione è stato sempre oggetto di discussione di tutti, dei potenti, dei meno abbienti, dei più esperti, dei più inconsapevoli. Insomma, tutte le masse, dal paleolitico ad oggi, sanno che mangiare male può creare problemi alla salute. E qui viene il bello.
Mangiare bene o mangiare male?
Mangiare male, mangiare bene: se c’è stato sempre un fattore discriminante tra le due tendenze è stato perché poche persone al mondo ci hanno insegnato, facendo e poi sfacendo, dichiarando e poi ritirando, una disciplina alimentare a chiari caratteri (o quasi), e ci hanno creato linee guida per il nostro sostentamento energetico. Specie in tempi attuali, con il progresso tecnologico e il maggiore interesse del ceto medio sul consumo alimentare.
Ma come ben si può notare, non si è per niente navigato verso l’unanimità di pensiero, né a monte, né a valle: ad oggi, c’è chi, esperto di alimentazione o non, ti denuncerebbe per “ingiuria alla salute” se ti vedesse di aggiungere un cucchiaio di olio di oliva extravergine italiano alla portata, convinto che faccia ingrassare a prescindere, “in quanto olio, cioè grasso“. Chi invece sa che l’olio aggiunto alla portata può, entro certi limiti, far ingrassare molto di meno o addirittura non può essere trascurato se si vuole perdere efficaciemente la massa grassa. Oppure c’è anche chi ha letto su qualche blog che i carboidrati fanno ingrassare e non le proteine, e mangia chili di pollo al giorno come fosse un leone, e ammette anche di sentirsi bene!
Le linee guida dei governi creano sicuro scie di benessere?
Certo è che l’alimentazione non è universalmente adattabile a tutti, un alimento può far ingrassare un’etnia e non un’altra (se noi italiani mangiamo il riso ingrassiamo, se lo mangia un cinese no) e le risposte metaboliche non sono tutte uguali in ognuno di noi: genetica, attività fisica, il sesso, l’età, le condizioni neuropsicologiche possono essere, ad esempio, dei fattori di influenza su qualsiasi intervento dietetico.
Ma urge comunque una massificazione delle idee (tra l’altro come si è fatto finora, quindi questo non sarebbe un cambiamento) però invertendo le insane tendenze pubblicizzate finora e promuovendo più scie di benessere.
Si continua a ragionare in termini di calorie, e si continua dai pulpiti accademici a demonizzare grassi, a discapito delle proteine. I carboidrati da condannare, che, inequivocabilmente, usati quotidianamente (pasta), creano nel corso della vita blocchi metabolici, continuano a figurare come base di una piramide alimentare spacciata per “dieta mediterranea”.
Eh, si. E’ proprio vero che le falsità continuamente ripetute diventano verità…
Perché la verità inequivocabile non è più appannata e perché la consapevolezza degli errori del passato richiede una svolta.
Anche perché siamo in parecchi a pensare (con ragionevole dubbio) che le grandi lobby delle industrie alimentari, pur di espandere il loro mercato, stanno ingaggiando una battaglia mediatica per convincere i consumatori a mangiare sempre più i loro prodotti (dai corn flakes alla pasta) e non sempre di meno…